Foto di una torpedine terrestre o landminen austroungarica - Itinera Progetti Editore

Le mine terrestri dell’esercito austroungarico

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Arriva un nuovo mercoledì e torna puntuale la rubrica MercoledìStoria.

Questa settimana vi vogliamo parlare di mine terrestri durante la Prima Guerra Mondiale, in particolare di landminen austriache, ordigni che anticipano l’introduzione e l’impiego su vasta scala delle mine antiuomo nei successivi conflitti.
Buona lettura!

[…] Durante la Grande guerra, l’esercito austro-ungarico utilizzò diversi tipi di mine sia di produzione industriale sia artigianali, improvvisati sul campo.

Nella foto di copertina del libro “Landminen – Le torpedini terrestri austriache” possiamo vedere militari austriaci intenti alla preparazione di una una “roller mine”.

Si tratta di una sfera in ghisa, di concezione ottocentesca, utilizzate con accensione a miccia e fatte rotolare giù dai pendii verso le truppe nemiche sottostanti. Oppure, debitamente interrata e nascosta alla visuale del nemico, utilizzata come “torpedine terrestre” con una diverso sistema di accensione.

Al proposito, il militare al centro, che dalle mostrine parrebbe essere un Unteroffizier, armaiolo di 2a classe di un reggimento di Gebirsschützen , sta provvedendo al caricamento dell’ordigno tramite l’inserimento di un candelotto esplosivo dotato di una lunga miccia, mentre il militare a destra regge il tappo conico di chiusura solitamente in legno.

Difficile dire quindi cosa stiano preparando effettivamente, non è comunque esclusa la trappola esplosiva.

Tra i modelli di produzione industriale è possibile ritrovare lungo il fronte italiano i due tipi rappresentati in foto nel post. Si tratta di modelli che utilizzano lo stesso sistema d’innesco, ma con geometria e capacità di ’esplosivo diversi tra loro.

Quello di tipo piramidale era utilizzato interrandolo, l’altro, con la possibilità di aggiungere una piastra di frammentazione esterna, era prettamente usato in superficie.

I vari esemplari ritrovati presentano misure leggermente diverse tra loro: quello a parallelepipedo aveva capacità da ½ kg a 1 kg, mentre quello piramidale poteva contenere oltre 2 kg di esplosivo.

L’esplosivo utilizzato era Ammonal, il più diffuso per l’esercito austroungarico, che ne fece largo impiego dato il suo basso costo. Era utilizzato per il caricamento di granate, bombe a mano e bombe da bombarda. Spesso era confezionato in cilindri di carta paraffinata. Si presenta sotto forma di polvere untuosa di colore rosso bruno, dal forte odore di mandorla.

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Non si conosce il nome del modello, né sull’involucro sono riportati marchi che permettono di risalire al produttore, cosa inusuale per gli imperiali che normalmente riportavano sugli oggetti bellici nomi o sigle per identificarli e risalire al produttore.

L’attribuzione dell’origine austro-ungarica deriva anche dal luogo del ritrovamento di alcuni di questi esemplari: davanti alle loro prime linee oppure nelle loro immediate retrovie.

Dal libro “Le mine antiuomo e anticarro nelle guerre italiane del ‘900” di Cappellano-Termentini, edito da Museo Storico della Guerra si apprende che un ordigno simile sarebbe attribuibile all’ufficiale austriaco Zubovic nei primi anni del ‘900, quando sviluppò esemplari composti da due scatole di legno, la superiore conteneva il sistema d’innesco a percussione azionato da un filo teso, mentre l’esplosivo (ecrasite) era in quella inferiore, di grandezza variabile.

L’industria bellica imperiale poi sviluppò l’idea arrivando a produrre i modelli in lamierino che andremo a descrivere nel libro. […]

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